Il gatto che ritrovò il Natale

Fonte: La Stampa

9 Dicembre 2017

A New York è successo un piccolo fatto grazioso: un gatto si è messo nella mangiatoia di un presepe pubblico. Il giaciglio era vuoto in attesa di ospitare il Bambin Gesù nella notte di Natale e lui ha colto la palla al balzo, si è accoccolato al calduccio. Una ragazza, passando di lì, ha visto la scena e l’ha fotografata.

gattone02-kKZG-U11011378097789VuE-1024x1365@LaStampa.itNon è nulla di clamoroso, ma è simpatico da vedere. Anzi, è evocativo da vedere: ho pensato che il gatto ci abbia visto simbolicamente lungo, si è messo al posto del protagonista. Ma chi si ricorda ancora che il Bimbo della mangiatoia è il protagonista del Natale? Ce lo deve ricordare un gatto? Forse sì. I mici sono famosi per essere degli opportunisti, fanno ciò che è meglio per sé, e in questo caso dovremmo esserlo anche noi, non perderci dietro a mille specchietti per le allodole e andare dove è andato il gatto.

Pensandoci, mi è venuta in mente una scena che poi ha preso la forma di un raccontino. L’ho buttato giù senza pretese, forse non è neppure un racconto ma solo un modo per commentare la notizia.

Il gatto che ritrovò il Natale

La febbre da sorpresa cominciò a mietere vittime già da inizio novembre: dava tachicardia e mal di stomaco, emicrania e, nei casi più gravi, funesti arresti cardiaci. Si registrò il caso di una trentenne rimasta connessa al tablet per cinquantadue ore ininterrotte; finito il bicchier d’acqua accanto a lei sul divano non aveva messo nient’altro nello stomaco e i soccorsi l’avevano trovata incosciente con un tremito convulso a tutti gli arti.

La gente era devota alla Notte a Sorpresa più che a qualsiasi altra ricorrenza annuale, anche se non ci si spiegava perché una festa così importante cadesse a dicembre, quando le condizioni meteorologiche erano le peggiori possibili, complicando gli spostamenti e rallentando le consegne.

11538572016_bafd2fc1cd_z
Foto di Onion

La glaciazione di due secoli prima aveva lasciato la sua impronta indelebile sul mondo, al suo cospetto anche gli ultimi ritrovati del progresso avevano alzato bandiera bianca.  Da inizio agosto le amministrazioni comunali suggerivano l’uso esclusivo della rete pubblica di trasporto, a ottobre diventava obbligatorio non usare auto e moto, a dicembre il coprifuoco imponeva orari limitatissimi di uscita sul suolo pubblico: nelle aziende i turni venivano ridotti, delegando al lavoro domestico tutto il possibile e ai robot le altre mansioni. La scuola si trasferiva online e tutto il traffico del commercio si affidava ai droni.

Da questi piccioni meccanici dipendeva l’ansia e la gioia dell’intera umanità in occasione della Notte a Sorpresa: trovare il regalo giusto era la prima parte – difficilissima! – dell’impresa, recapitarlo il più presto possibile era la conclusione attesa con apprensione. Il regalo ai parenti doveva essere ammaliante, quello agli amici clamoroso, quello ai colleghi costoso e ai figli mirabolante. Stupire era diventata una faccenda complicata, tutti avevano già tutto; come trovare qualcosa di nuovo che facesse esclamare «Wow!»?

Per fortuna c’era la pubblicità ad aiutare, suggerire e portare a compimento lo sforzo: le impostazioni personali per la ricerca dei regali si traducevano in newsletters che durante la fase critica – inizio novembre, appunto – potevano arrivare ogni cinque minuti. Si trattava di stanare il prodotto giusto disperso in chissà quale paese del globo e se si riusciva a trovare almeno tre punti vendita allineati sulle traiettorie del drone prescelto le spese di consegna erano gratuite. Un gran da fare, insomma. Nulla doveva essere lasciato al caso.
Da metà dicembre si dava inizio alla fase di impacchettamento, altrettanto delicata e impegnativa. Tutti stavano in casa per confezionare i regali nel modo più esclusivo possibile, cercando suggerimenti nei blog dei packaging influencer, che aggiornavano i loro siti tre volte al giorno.

5695889017_734dfe440c_z (1)
Foto di Khairil Zhafri

Con questa frenesia assurda, nessuno si accorse della gran sfortuna che capitò a Muesli, tenerissimo soriano di 3 anni dal pelo disordinatamente rosso, nero, bianco e grigio; tale e quale al mix di cereali e scaglie di cioccolato che la sua padrona mangiava a colazione. Capitò dunque che la cara Eudora, alla tenera età di 47 anni, trovò un fidanzato ed il colpo di fulmine fu così forte da farle trasgredire la sua massima di vita da quando era adolescente: fidati solo degli animali e stai lontana dai maschi. Travolta dall’infatuazione, si dimenticò il povero Muesli fuori dalla porta e non si ricordò più di lui, quel felino così amato e coccolato che per tre lunghi anni aveva dormito con lei nel lettone.

Muesli ne fu senz’altro ferito, ma non si rassegnò: grattò all’uscio e miagolò ininterrottamente. Niente da fare. La strada era deserta, un manto di durissimo gelo ovunque. Sarebbe finita malissimo per lui, il suo pelo folto poteva scaldarlo ben poco a fronte della gelida temperatura esterna; si può dire, in questo caso, che la sua fortuna fu la morte del vecchio Saverio Boni, residente nel condominio di fronte alla villetta di Eudora. Se l’era portato via un ictus la settimana prima e il padrone di casa non fece cerimonie, sgomberò in fretta le due stanze ammobiliate per affittarle di nuovo al più presto. La roba del Boni finì in parte in casa del padrone (aveva certi gingilli d’oro molto antichi e una collezione di birre prelibate!); tutto il resto fu buttato senza troppa cura dentro e fuori dal cassonetto sotto casa.

Fu lì che si trovò a passeggiare Muesli, perplesso sul suo futuro incerto e con le zampe ormai congelate. Tra le cianfrusaglie del signor Boni c’era uno scatolone che si era rovesciato e stava in bilico insieme al suo coperchio, formando un triangolo sbilenco che Muesli interpretò come riparo perfetto. Ci entrò e scoprì che non era solo: un’intera famiglia era stata sfrattata e si riparava dal gelo. Parevano inoffensivi, stavano fermi fermi e lui pensò che più si era più caldo si produceva. Ignorava che fossero statue di legno dipinto, due umani e due animali; erano grandi quanto il micio e il padrone di casa le aveva trovate in bella mostra su un tavolino del Boni, circondate da una grotta di carta pesta e tante lucine: forse il vecchio amava l’antico passatempo dei burattini e magari ci giocava ancora, pur avendo superato i novant’anni.

Muesli si strusciò addosso a tutte e quattro per ingraziarseli, ma poi lo incuriosì un oggetto che a prima vista gli era sfuggito: si trattava di qualcosa di molto simile alla cesta di casa sua, dove dormiva placido. Sì, era proprio una cassetta piena di stracci e paglia. Lo elesse a suo giaciglio e con un balzo fu dentro: si stava a meraviglia, di lì a poco la circolazione cominciò a risvegliare le zampette intirizzite, di lì a un altro po’ ronfava già.

E si perse il vero spettacolo di quella serata speciale, pur essendone il protagonista. Il signor Boni nascondeva un grande segreto in casa sua e morì prima di compiere la ricerca a cui aveva dedicato la vita. Se il padrone di casa fosse stato attento e avesse osservato con cura quelle statue, forse non le avrebbe buttate via così frettolosamente. Era adulto abbastanza da ricordare certe storie che circolavano quando gli scienziati avevano annunciato che la calamità della glaciazione non si poteva fermare in alcun modo.

Bazzecole ridicole, le definivano i professori, ma tra la gente comune quelle storielle avevano circolato per un bel po’, poi si erano via via perdute. Boni aveva passato la vita a cercare di mettere insieme tutti i pezzetti sparsi di memorie, Muesli senza saperne nulla portò la storia a conclusione.

Quella in cui si era sdraiato, scambiandolo per un giaciglio, era una cesta speciale, custodiva l’ultima scintilla di tepore. Boni aveva provato a metterci dentro di tutto, ma niente aveva funzionato; gli mancava un tassello della storia, quella in cui si diceva che solo il calore di un piccolo esule poteva riaccendere una stella morente della galassia.  Il prodigio accadde istantaneamente appena Muesli si raggomitolò sulla paglia: nel cielo comparve un punto luminoso il cui splendore pulsante cominciò ad aumentare aumentare aumentare. Se uno solo degli esseri umani avesse alzato gli occhi dai pacchi da incartare si sarebbe accorto che la volta celeste era illuminata a giorno.

13569291074_c9d3b8a196_zSi godette appieno la scena solo Carlotta, rimase a bocca aperta e con la faccia ancora piena di bollicine incollata ai vetri. Era a letto con la varicella, ma si alzò vedendo dietro le tende questo bagliore via via più accecante. Stupendo: lassù in alto brillava una stella vera, di quelle a cinque punte che si vedono solo nei disegni, aveva una luce così abbagliante ma la si poteva fissare senza farsi male agli occhi.
Carlotta guardò tutto attorno, la sua città si era colorata di argento ed era bellissima. Notò anche che un raggio della stella scendeva dritto sullo scatolone messo accanto al cassonetto sotto casa e lo illuminava come fosse un gioiello: sopra il cartone c’era scritto qualcosa a mano e lei stava imparando a leggere, era un invito a nozze. Scandì a bassa voce: pre-se-pe. Ne fu stupito perfino il lastrone di ghiaccio sulla strada, che si spaccò.

 

Lascia un commento